
La situazione in Italia era molto complicata, c’era Mussolini e scoppiò la seconda Guerra Mondiale.
Fu definita così perché l’Europa ed altri Stati come la Cina, l’Africa, il medio Oriente, il Mediterraneo e molte altre furono coinvolte.
Le strade non erano sicure nemmeno per noi figli dei ricchi e i ragazzi cercavano un luogo per nascondersi dal servizio militare, poiché aderire poteva significare non tornare a casa mai più.
Fu così creato il “circolo del cinema” formato da me, Danilo il chimico e i ragazzi della nostra compagnia.
Inizialmente fu un gruppo istituito con un senso pacifico, poi divenne eco di protesta per una politica mal governante. Io che venivo già da una crisi come quella americana sapevo già cosa volesse dire cattiva gestione e delusione da parte del popolo.
Così divenni una delle testimoni dirette di quello che sarebbe potuto succedere anche in Italia.
Sapevo anche bene però che quando un popolo vive nella paura allora è più semplice che accetti di venire soppresso e non si ribelli sotto il peso del potere imposto da leader autoproclamati.
Sapevo anche che con la guerra non si ottengono risultati, solo il rispetto tra le persone poteva garantire al popolo la sovranità al di fuori delle istituzioni.
Andai con Danilo a passare il pomeriggio alla Fontana di Trevi.
<<Lo sai, circola una leggenda su questa fontana – disse toccando il mio fianco con la sua mano destra – che se lanci una monetina nella fontana mentre esprimi un desiderio, poi questo si avvera.>>
Feci per lanciare la monetina ma fermò la mia mano guardandomi dritto negli occhi.
<<Ma presta attenzione…deve assolutamente essere qualcosa che desideri davvero, con il cuore!>>
Desiderai con tutta me stessa che mio fratello tornasse dalla Germania.
Danilo e il suo modo di comprendermi mi avevano aiutato a non sentire il dolore solo momentaneamente, ma era a mio fratello che pensavo ogni volta che il mio sguardo incrociava quello di un altro uomo.
<<Posso sapere cosa hai desiderato?>>
<<Ho desiderato che mio fratello ritorni dalla guerra in Germania sano e salvo. Mi auguro fermamente che non gli succeda nulla e di non doverlo piangere a seguito di notizie nefaste. Ci tengo a dirti Grazie per questa serata e la tua compagnia che ho gradito molto, ma adesso è meglio che torni a casa, non vorrei fare preoccupare mio padre.>>
Con il tempo compresi che non tutti i desideri vengono esauditi.
La certezza di tale concetto vide la sua materializzazione il giorno in cui arrivò una busta recapitata a mio nome.
Era una lettera da parte di mio fratello, di cinque mesi prima mai recapitatami per tempo.
All’interno c’era la lettera delle Forze Militari che comunicavano la sua morte.
Fu la peggiore fra le coltellate, uno dei momenti più tristi della mia vita. Stringevo la busta incredula, con occhi sbarrati. Fui riportata alla realtà da un oggetto duro e freddo, all’interno della busta. Era la medaglietta che gli avevo lasciato prima della sua partenza.
Nascosi la lettera che mio fratello mi aveva scritto e consegnai a mio padre solo la comunicazione.
Ricordo ancora le sue urla e il modo in cui pianse, che lo rese ai miei occhi come un ragazzino deluso e sconfitto.
Tirava calci e pugni dappertutto, era adirato, non si perdonava il fatto di averlo lasciato partire.
Per me la disperazione fu forte al punto che non riuscii a proferire parola e mi chiusi in un silenzio quasi tombale.
Mio fratello, il mio cuore, era morto, non poteva essere vero.
Poi compresi che il dolore non è altro che uno spontaneo processo della vita, un percorso doveroso e naturale nel cammino di un individuo e che resta sempre a noi la scelta di come percepirlo e in seguito affrontarlo.
Non vi era modo migliore che quello di superare l’ostacolo e continuare a pensare di vivere una vita normale, ma mi serviva tempo.
Aprii la lettera di mio fratello:
Germania, 1944
Sorella mia, mio amore, mi trovo purtroppo qui a scusarmi perché dubito che potrò mantenere la promessa che ti feci prima di partire, cioè quella di tornare.
Qui le giornate sono buie e fredde. Niente acqua a volte, poca luce e solo per alcune ore, quindi ti scrivo adesso perché non so quanto tempo rimane prima che le truppe nemiche ci colpiscano. Mi manchi, mi manca la tua soave voce, le tue mani che accarezzano il mio viso e che rimangono impresse nella mia mente, anche ora che la mente non avrebbe tempo di pensare che a salvar la mia vita per non morire.
Ti restituisco quello che ha più valore per noi: la tua medaglietta che ho tenuto ogni giorno fino al momento della perquisizione da parte degli agenti. Ora debbo levarla e buttarla, quindi te la restituisco perché possa tenerla tu. Non dimenticare mai del nostro viaggio insieme, non dimenticare mai di quel mare che vedemmo alto e incontrastabile e che mi permise di vedere la splendida donna che saresti un giorno diventata.
Ti sarò sempre legato.
Riky
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Letizia T.