Le tue ferite leccatele da solo (la regola dei 90 secondi).

Io che la gente fa schifo l’ho capito quando avevo solo dieci anni.

E per “solo” sottintendo che a quell’età i miei occhi e le mie orecchie avevano visto e udito una gran quantità di cose che non si dovrebbero vedere e sentire.

Non conoscevo molto né avevo visto molto mio padre se non una decina di volte, e chi doveva proteggermi in molti casi applicava prevaricazioni sulla mia figura mingherlina. Non credevo nemmeno a Babbo Natale e alla Befana. E una volta avevo pescato mia nonna nell’atto di infilarmi i soldi sotto il cuscino mentre dormivo. Da quel momento, anche la fatina dei dentini era evaporata dai miei sogni fanciulleschi.

Sono cresciuta parecchio da allora, ma ancora oggi mi mortifica sapere che ci sono persone che tentano di manipolare e applicare vessazioni sulla sottoscritta pensando che io non me ne accorga.

Sfruttano la mia pazienza come fosse infinita; alcuni addirittura tolgono il saluto alle mie figlie perché non parlano più con me e costringono i loro figli a fare altrettanto.

Altri ancora, sparlano con me del prossimo e al prossimo di me, quando non ci sono.

Pensano che questo mi colpirà o colpirà coloro che amo. Si sentono importanti quelli che fanno del male, trascurano il dettaglio che saranno i primi a ricevere una risposta dall’Universo quando meno se lo aspetteranno.

La verità è che quando ti abitui a prendere certi montanti, non ti importa davvero più degli altri. 

Gli altri diventano irrilevanti, superflui, trascurabili.

Il dolore lo senti, è ovvio, ma non è più lo stesso che ti costringeva a stare rinchiusa nella tua stanza ascoltando canzoni che aumentavano maggiormente il tuo senso di tristezza. Ora quel dolore lo conduci in una stanza diversa, e ci fai a pugni per fargli comprendere che tu non ne uscirai sopraffatto.

E questo perché sono cosciente che ogni sensazione che fai entrare nella tua “stanza” deve essere incanalata in modo adeguato e bisogna assumersene la piena responsabilità.

Una volta ho letto un aforisma nel quale si diceva che una conversazione con qualcuno che non ha sofferto si traduce in semplice chiacchiera. 

Trovo che sia una cosa vera, chi non ha sofferto la tua stessa pena non può capire e non solo perché non ne abbia intenzione, è che semplicemente gli manca quella determinata esperienza.

Quindi ho smesso di condannare anche chi non capisce proprio niente, soprattutto quelle persone alle quali hai fatto una richiesta di aiuto e l’hanno abbandonata lì, come fosse un accendino in un bar.

Io di chiacchiere ne ho fatte tante, ho offerto la mia spalla a chi ne aveva la necessità. 

Tuttavia di confessioni ne ho fatte poche perché non mi fido dell’instabilità di alcuni. 

L’unica amica è stata la carta, il solo rifugio davvero efficace è stata la letteratura.

Vedo, sento, percepisco proprio tutto in maniera davvero disarmante e l’unica cosa che so è che voglio continuare a coltivare cose buone, seminare abbondanza nel mio giardino in maniera positiva, distaccarmi da chi tenta di farmi del male lasciando andare quelle persone.

Consiglio a tutti di pensarla così, non vale la pena di soffermarsi troppo sulle emozioni negative; fate in modo che non durino più di 90 secondi. E poi dovete anche pensare che le cose brutte durano esattamente come quelle belle: scompaiono in un soffio. 

Quindi se ora state male, finirà quel malessere e se state bene, pure quella sensazione bella avrà un termine.

Ci sono cose che non possiamo controllare, come la stronzaggine di alcune persone e un sacco di altri eventi spesso inevitabili e certe ferite dobbiamo leccarcele da soli.

L’unica cosa che possiamo controllare è la nostra reazione a ciò che accade.

Un maestro zen chiese ai suoi allievi: “se una persona viene da te con un regalo e tu non lo accetti, a chi appartiene il dono?”
“Alla persona che ha cercato di regalarmelo”, rispose uno degli allievi.
“Ecco, lo stesso vale per l’invidia, la rabbia e gli insulti” aggiunse il maestro. “Quando non li accettiamo, continuano ad appartenere a chi li portava con sé”.

Non fatevi abbattere, MAI, da niente e da nessuno.

Vi abbraccio con abbondanza, e grazie per essere giunti fin qui.

Letizia Turrà

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