Mi ricordo delle lotte con lo specchio
delle telefonate con la linea Sip
delle prime cerette alle gambe perché volevi sentirti donna anche se di peli non ne avevi molti
dei due di picche grossi come case da parte del ragazzo che ti piaceva, duri da incamerare; erano porte prese in piena faccia e bruciavano come schiaffi sul viso.
dei Take that e di Mark Owen
del giornalino “Cioè” che conteneva sempre una sorpresa regalo
delle lettere scritte a mano
delle cartoline che ricercavi in edicola e sulle quali avevi poco spazio per scrivere
delle giornate al mare infinite e di come ci addormentavamo sotto il sole cocente
della magrezza estrema perché ci dicevano che eravamo grasse
di tutti i complessi che ci facevano venire per le smagliature
delle lacrime copiose per esserci fidate delle amiche sbagliate
dei genitori dal polso duro che ci punivano con durezza
delle carezze dei nonni
della salsa e del vino che contornavano tutte le nostre estati con loro
dei diari di Smemoranda
dello zaino pesante Seven e Invicta
dei tragici anni della scuola media in cui mi sentivo una sfigata
del Walkman con la musica a palla
del Karaoke di Fiorello con i vicini che non ne potevano più
delle serie Tv come “otto sotto un tetto”, “Il principe di Bel Air”, “Magnum P.I.”, “Supercar”
del Crystal Ball che era tossico e ti dava alla testa
del calcio Balilla sul lido d’estate
dei Jukebox con le canzoni di Bon Jovi, Raf, Tozzi e Luca Barbarossa
delle prime parole in spagnolo che ci siamo dette, io e Paola, e che ancora oggi risuonano nella mia mente.
EL CASTILLO SE CAE,
LA CASA SE DERRUMBA
PERO’ NUESTRA AMISTAD DURARA HASTA LA TUMBA
Le custodirò sempre, gelosamente, nel mio cuore.
Ph: Io mia cugina Paolita