Il cimitero di Staglieno, tra leggende e misteri.

Il cimitero di Staglieno deve la sua fama non solo ai vari poeti, scrittori, filosofi (tra i molti Mark Twain, Ernest Hemingway, Friedrich Nietzsche, Guy de Maupassant) che ivi si sono avvicendati parlando di questo luogo misterioso e meraviglioso e alle celebrità qui sepolte (le più note Giuseppe Mazzini, Fabrizio De Andrè, Nino Bixio, Mary Costance Lloyd – moglie di Oscar Wilde e molti altri).

Il cimitero di Staglieno inaugurato il 1° gennaio 1851, si erge su una vastissima superficie di 30 ettari (un’area di 330.000 m2) ed è un esempio di architettura e scultura funebre unico in Europa.

Statua raffigurante “Il tempo”

Molte sono le storie e le leggende qui racchiuse, visibili nei volti di personaggi enigmatici e “congelati” nel tempo da preziosi marmi di un bianco candido, ormai divenuto cinereo per via dello smog e l’incuria che queste preziose opere hanno subito nel corso dei decenni.

D’altronde occuparsi di queste statue è un compito arduo e costoso, e in molti casi gli eredi dei sepolti si sono ormai estinti da tempo.

È un vero peccato, ma una visita qui è assolutamente raccomandata non solo per gli amanti dei cimiteri come la sottoscritta, ma anche per scrittori, poeti, scultori, disegnatori che qui potranno trovare uno stimolo per le loro forme d’arte.

Nei 7 km percorsi ho potuto ammirare simboli, materiali di pregio, figure misteriose, dediche poetiche che straziano il cuore e racconti di vita collegati a quei personaggi, come nel caso della “venditrice di noccioline”, al tempo Caterina Campodonico, una donna vigorosa e fin troppo indipendente per l’epoca (parliamo del 1881).

Vi basti pensare che fece realizzare la sua statua da uno degli scultori più famosi dell’epoca, Giovanbattista Vigo, al quale commissionò il lavoro per una cifra astronomica, mai quantificata. Proprio lei, che era analfabeta e una venditrice di noccioline e canestrelli.

Sebbene fortunata perché sarà ricordata per l’eternità grazie alla statua che da decenni è la più visitata e sorprendentemente reale e definita del cimitero di Staglieno, non si può dire lo stesso per i sentimenti: fu sposa di Giovanni Carpi, un fannullone e ardente bevitore che la malmenava. Caterina pagò letteralmente la sua libertà, consegnando all’uomo 3000 franchi affinché la lasciasse libera di proseguire la sua vita senza di lui.

A quel tempo l’avvenimento destò scandalo tra parenti, e sgomento fra i compaesani. Come poteva una donna da sola, senza la protezione di un marito, cavarsela e riuscire a creare un impero economico di tale portata (dai nipoti era definita “a lalla ricca” – la zia ricca).

Quando ebbe problemi di salute, gli stessi parenti anziché accudirla litigarono per la sua eredità. Ma Caterina, fortunatamente, non morì in quella circostanza. Fu così che nacque la statua che oggi si trova nel Porticato Inferiore a Ponente commissionata dalla stessa al famoso Vigo. Si resta impressionati dalla veridicità di questa figura marmorea, non intaccata né dalla polvere né dal tempo, che pone il suo sguardo severo sul visitatore. Sembra quasi che sia lì a ricordarci che fermezza e determinazione uniti ad una grande forza di volontà fanno sì che ogni problema e pregiudizio del mondo vengano spazzati via.

E di pregiudizi Caterina dovette subirne molti, la sua tomba è infatti posta poco al di fuori delle più ricche e sontuose che si trovano all’ingresso nell’area principale; fu quasi uno sfregio per chi possedeva il titolo nobiliare dover tollerare che il suo spazio fosse condiviso con una venditrice di noccioline, umile e anche troppo indipendente (ricordiamo che all’epoca una donna che sceglieva di vivere senza la protezione e il sostentamento economico del proprio marito rappresentava uno scandalo inammissibile). Sul suo conto aleggiano ancora pettegolezzi che alcuni considerano leggende: pare che Caterina avesse ereditato quel gruzzolo da attività illegali, quali l’usura.

Ma questa è un’altra storia.

Qui non giace solo la ormai famigerata Caterina.

Nella sezione del cimitero inglese, infatti, troviamo anche la moglie (e madre dei due figli) di Oscar Wilde, Mary Costance Lloyd, morta a soli 39 anni per un’occlusione intestinale.

Di molti altri non si conosce la storia precisa, la si può solo intuire dalle statue incredibilmente realistiche e rifinite nei minimi dettagli. Sembra quasi di poter condividere la sofferenza di coloro che piangono il loro defunto, quasi sempre collocati alla base della tomba, sconsolati e tristi.

Il celebre Giuseppe Mazzini giace accanto alla madre Maria, sepolto sotto una tomba monumentale scavata nella roccia e posta in uno dei punti sopraelevati accanto ad alcuni dei Mille che con lui fecero la storia d’Italia (Settore E, Tomba numero 4, ma troverete le indicazioni per arrivarci).

Anche il poeta e cantautore Fabrizio De Andrè trova riposo qui, tra alberi secolari e vicoli che si snodano nel vento.

Molte storie colpiscono il cuore, come quella della piccola Entella Contini, morta a 9 anni divorata dalle onde con il suo salvagente lasciando i genitori colmi di dolore che qui apposero queste parole: “A 9 anni mentre andava alla carezza dell’onda e folleggiando sorridea alla vita”.

La piccola Entella Contini morta il 22 luglio 1921.

Tante storie di uomini gloriosi, donne, bambini, e persone qualunque senza memoria. Tutti esseri umani, con le loro debolezze e le sfide di una vita quotidiana molto dura, che molti di noi ignorano.

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Qui si può osservare cosa significasse il trapasso glorificato ma temuto, la morte che porta dietro di sé storie di dolore e sofferenza che tutti, ricchi o poveri, ci ritroveremo ad affrontare per forza di cose.

Serve a ricordarci che siamo tutti uguali davanti alla morte.

Non esiste ricchezza né monumento funebre che ci renda diversi (o maggiormente meritevoli) davanti a lei.

Letizia Turrà

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Image credits: Letizia Turrà, Cimitero di Staglieno, dicembre 2021.