Brutto mestiere quello del pagliaccio…

Matilde Gattoni
Matilde Gattoni, Ocean Rage

“Che brutto mestiere quello del pagliaccio. Che senso ha far ridere gli altri, quando dentro sé si sta morendo?” Letizia T.

Di pagliacci ne è pieno il mondo, e pensare di non arrivare mai a conoscerne uno nel corso della vita, non è che un modo di eludere la realtà, come spesso facciamo.

Nel mondo digitalizzato, dove le persone sono trattate come cursori e non come macchine perfette dall’animo imperfetto, troviamo un sacco di elementi a nostro sfavore.

Siamo sottoposti a una costante disinformazione, che ci vede dare risalto a cose che non sono affatto fondamentali, né importanti per l’uomo.

Saltiamo di palo in frasca, dall’Italia che non andrà ai Mondiali alla morte di Totò Riina, alla differenza tra molestia e violenza sessuale (che poi la differenza che c’è tra molestia e violenza di fondo devono ancora spiegarmela!).

Ultimamente faccio un po’ il folletto: salto da un post all’altro, da un articolo all’altro, riscontrando sempre lo stesso problema: l’essere umano è sempre più, costantemente, intenzionalmente, subdolamente preposto a voler dire la sua senza ritenere che quello che sta dicendo possa essere una puttanata enorme.

Capite? E’ un po’ come chi da solo se la canta e da solo se la suona (si dice così al mio paesello). E il problema vero e proprio è che non c’ha ragione nessuno.

Sì, avete capito bene, non ha ragione nessuno!

Perché da qualunque punto un monte lo vogliamo osservare, ciascuno di noi avrà la sua visione dal suo punto di affaccio.

Se tu sei a Ovest, avrai una visione. Se invece sei a Est, tutt’altra…e così via.

Dunque che senso ha imporre la propria supremazia sugli altri, dal momento che ciascuno di noi ritiene di avere ragione? Nessun senso, e forse l’ho già detto.

Ci tengo a ripeterlo. Perché lotto ogni giorno per dare un senso a questa vita, attraverso i miei occhi, alle mie figlie, e alle persone che incontro nella mia quotidianità.

Quindi depongo l’ascia di guerra, perché se c’è davvero una guerra da combattere, sarà quella con noi stessi.

Miglioriamo noi, migliora anche il nostro mondo.

Io la vedo così da un pezzo, e da quando è così la mia montagna si è riempita di fiori, di colori e gli uccellini vengono a farmi visita ogni mattina. E vedo le aquile volare, invidiando il loro modo di essere libere.

E scrivo, sperando di aiutare qualcuno a sentirsi meglio, perché il meglio è già dentro ognuno di noi, anche quando ci sembra sepolto.

Seppellire è una nostra scelta, sempre.

Stamattina mi ha colpita molto questa immagine sugli effetti disastrosi del clima in Ghana, dove interi edifici sono stati corrosi dall’oceano, possente nemico (in questo caso) del popolo che ivi risiede.

La popolazione continua a proseguire con la propria vita, incontrando giornalisti e fotografi che non riescono a smettere di riprendere quello scempio. Eppure quelle persone sorridono, e sono grate per quello che hanno, che il più delle volte si traduce in case senza tetto, letti inesistenti e scuole rase al suolo.

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Che cosa li fa andare avanti? La volontà? La gratitudine? L’umiltà?

E chi può dirlo. Forse tutte queste cose.

Non esiste una chiave vera e propria. Esiste solo una luce interiore di cui ciascuno di noi è dotato, che filtra dai nostri occhi e fluisce, per mezzo della nostra bocca.

Per come la vedo io vale sempre la pena di ridere, di gioire e di vedere del buono in questo mondo.

Ma potrei anche sbagliarmi, perché si tratte del MIO percorso di vita.

Forse non ci arriveremo con estrema facilità finché ci sentiremo felici in un mondo come quello di Internet che di reale, a parte le persone che lo frequentano, non ha NULLA.

Però confido che ci arriveremo, senza troppa poesia. Sarà la vita a condurci come un oceano e romperà le nostre case (le nostre convinzioni) e ci lascerà senza un letto (i nostri pregiudizi), con la medesima forza dirompente.

E’ una scelta quella di sorridere, anche se sei un pagliaccio, anche se la gente come me continua a chiedersi che diavolo ci sia di divertente in un pagliaccio.

A presto, Letizia T.

Come un fiore…

 

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Iniziò tutto per caso, in un giorno qualunque.
Iniziammo a scriverci tutti i giorni.
Condividevamo emozioni, fotografie, emoticon, le canzoni che ci ricordavano il passato buio, o i momenti belli della nostra vita.
Eravamo speciali, l’uno per l’altra.
Poi un giorno tutto cambiò, avemmo una piccola discussione sul nostro modo diverso di vedere le cose; non ricordo neppure quale fosse l’argomento. Ricordo solo che cambiò il nostro modo di “guardarci”.
Di improvviso ci scrutavamo, eravamo qualcuno da cui proteggersi, nemici quasi, l’uno per l’altra.
Fu così che finì, alla velocità di un soffio, come quando a primavera i petali dei fiori volano via e tu non puoi recuperarli, poiché sono troppo sottili per trattenerli tra le dita.
O forse perché sono troppo belli per essere presi. L’unico modo che hai di viverli è quello di vederli andare via.
Eppure quando ci penso sorrido ancora, come fosse ieri.


Letizia Turrà