<<Cosa? Ma non è vero, sei stupenda, sei..sei…>>
I loro corpi si avvicinarono. La piazza deserta, senza neppure una macchina, assecondò il suono di quei baci intensi, e brevi allo stesso tempo.
<<Non voglio lasciarti andare via.>>, eccitato la guardò.
<<Allora non farlo, nessuno ti costringe a farlo.>>
Nel caldo della sua stanza, Filippo trascinava Patricia verso un territorio senza ritorno, quello del sesso che non ti lascia pensare, fatto di mani, lingua, dita, pelle e sensazioni uniche.
Come pioggia le sue lacrime interiori cadevano dalle lenzuola al pavimento.
Gocce di sudore e lacrime, e sangue, e gioia.
Infine, il piacere e il dolore per il momento in cui si assume la consapevolezza che quel lampo è finito, mentre lo guardo viene rivolto al soffitto.
Un ultimo leggero movimento orizzontale e un bacio chiudono un momento che si vorrebbe fermare per sempre, tra i nervi tesi delle cosce.
Filippo la tenne strettamente abbracciato a sé per tutta la notte fino al mattino.
Fino a quando non suonò il campanello.
Patricia aprì di colpo gli occhi, senza realizzare inizialmente dove si trovasse.
<<Cazzo! Cazzo! Alzati!>>, sobbalzò tirandola sù per un gomito.
<<Ma che caz… non capisco, che significa alzati!>>
<<E’ la mia fidanzata cazzo, mi fa il culo a strisce se ti trova qui!>>
Si sentì nei guai fino al collo, ancora invischiata nell’ennesima situazione di merda.
<<E quindi? che cazzo ti aspetti che faccia? Che mi materializzi all’istante????? Sei uno stronzo, potevi anche dirlo che hai la ragazza, ma che razza di pezzo di merda sei?>>, si vestì nel panico più completo.
<<Presto, esci dalla finestra, aspetta, anche il braccialetto, prendi tutta la tua roba.>>
<<Dalla finestra??? Sei forse impazzito? E poi ci saranno sei gradi là fuori a quest’ora! Perché cazzo non me lo hai detto, non sarei mai venuto a letto con te!?>>
<<Sì che lo avresti fatto, perché era quello che volevamo. Ed ora vai, se apro a quella iena e ti trova qui, sono spacciato.>>
Patricia scavalcò la finestra, per fortuna Filippo abitava al pian terreno, almeno non si trovò costretta a fare un salto rischiando di rompersi una gamba, ma aveva i piedi gonfi per colpa dei tacchi e quindi camminava molto lentamente.
Quella situazione così assurda era stata l’ennesima delusione che aveva recuperato.
Tornò a casa infreddolita e arrabbiata. Erano ormai le nove passate e Milano si rivestiva di tailleur e giacche, intente a dirigersi negli uffici.
Si distese sul letto del suo cubicolo, nel suo minuscolo monolocale e sentì freddo, tanto freddo.
Poi il telefono suonò. Era un messaggio dello stronzo: “Voglio rivederti, perdonami per quello che è successo.”
Un altro “Perdonami”, l’ennesimo “Voglio rivederti.”
Per cosa poi? Per farla diventare l’amante del mese? Per vedersi solo per scopare?
No. Non era quello che lei voleva.
Letizia T.
Paint: G. Scartozzi – “Amanti”
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