
Ero in metro dieci minuti fa.
Orario di punta, gente di ogni genere, odori di ogni genere.
Come di consueto avevo la musica nelle orecchie, una di quelle che mi tiene compagnia, la metto spesso per non sentirmi sola tra la gente più sola di me in quel momento.
Mi sono seduta e di fronte a me c’erano cinque persone, tutte con lo sguardo letteralmente avvolto dai monitor dei loro cellulari.
Un ragazzo fra loro a un certo punto ha alzato gli occhi incappando nei miei che erano belli alti, e li ha strabuzzati quasi incredulo per il fatto di stare incontrando qualcuno che non guardava il cellulare, ma i volti delle persone.
Ho pensato dentro di me: “Ne usciremo mai? Quand’è che riprenderemo a guardarci?”
Mi chiedo spesso se questa “moda” dei cellulari ci abbandonerà mai; se, come molte altre cose passate, ci sarà una fine a tutto questo esserci.
Siamo dappertutto nell’etere, ma mai dove vorremmo davvero essere.
C’è un confine infatti tra il desiderio che sviluppiamo internamente e idealmente all’interno dei nostri micro mondi, e la realtà invece sempre più disarmante contro cui ci tocca lottare ogni minuto.
Uno fra i cento uomini più influenti del pianeta, Jaron Lanier, ha scritto un libro che si intitola “Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social”, in cui parla del meccanismo di dipendenza dalla rete Social definendolo come “il grande miraggio”.
Lanier sostiene che l’essere umano stia pian piano perdendo il libero arbitrio poiché incontra soluzioni costruite ad hoc per lui, senza la reale possibilità di scelta di qualsiasi prodotto. Stiamo diventano una manica di stronzi narcisisti – parole sue – maleducati e impertinenti, rabbiosi e prepotenti, perché sui Social possiamo scrivere ciò che vogliamo, pubblicare fake news, video che inneggiano all’odio verso qualsiasi categoria che reputiamo diversa da noi, foto di dubbia provenienza etica e molto altro.
Abbiamo perso il senno, insomma.
È vero tutto ciò?
Abbiamo secondo me una grossa potenzialità che non è per forza tutta da investire on line, ma tra la gente, che spera, mangia e respira proprio come noi.
Se avessi tentato di fare quattro chiacchiere questa mattina con quel ragazzo che mi ha guardato sbarrando gli occhi, mi avrebbe presa per pazza.
Avrebbe pensato: “Ehi, che diavolo vuole questa da me?”
Il pensiero mi ha fatto sorridere e al tempo stesso mi ha resa inquieta.
Abbiamo delle precise responsabilità nei confronti degli altri e nei nostri confronti: quello di rispondere con educazione durante una discussione riguardante un post, postare possibilmente solo notizie che ci siamo sincerati abbiano fondamento (e anche qui io eviterei, visto che non siamo giornalisti e non ce lo ha ordinato il medico di descrivere fatti di cronaca), condividere un certo genere di messaggio che sia quanto meno positivo e propositivo, non distruttivo, nel livello più basso che l’essere umano possa toccare.
Siamo maleducati, dunque? Non lo so, di sicuro non siamo la perfezione, né tecnologicamente né umanamente parlando.
Se siamo incattiviti dalle rete, quasi automaticamente ci verrà da pensare male anche di quello che ci circonda. È implicito, e la cosa peggiore è che avviene in maniera ormai naturale e sistematica.
Ecco perché Lanier suggerisce caldamente di chiudere nell’immediato i propri account twitter, facebook, instagram.
Perché stiamo regalando le nostre vite a questo sistema Bummer, acronimo di Behaviours of Users Modified, and Made into an Empire for Rent, ovvero “il comportamento degli utenti, modificato e trasformato in un impero in affitto”.
E a proposito di affitto, ci sarebbe da chiedersi a questo punto come consideriamo i nostri account. Come case, forse? E noi in casa nostra ci facciamo entrare la merda, o ne abbiamo rispetto? Stiamo forse al cellulare quando siamo a tavola? Urliamo per farci udire dai commensali che mangiano con noi? Prestiamo attenzione a non ferire i sentimenti dei nostri cari?
Ecco, forse dovremmo essere così, anche sui Social.
Non vi sto dicendo di chiudere Facebook o altro, non sono così estrema, ma manca l’educazione a qualcuno su questa piattaforma a giro chiuso. Sì, perché è di questo che si tratta, di un centimetro quadrato che ti viene riservato (concesso) per dire la tua; una sorta di investimento a vuoto di pensieri, che una volta che hai donato non sai se frutterà o meno qualcosa.
Modifichiamo il pensiero, e modificheremo le nostre vite interiori, non si tratta che di quello in fondo.
Vi abbraccio tutti, Letizia T.
P.S.: l’immagine allegata è tratta da un video di Moby dal titolo Are You Lost in the World Like Me?. Le illustrazioni sono di Steve Cutts.