Una dichiarazione, anche se non amorosa…

Vi è mai capitato di ricevere una sorta di dichiarazione, o comunque la vogliate definire, una spontanea forma scritta di ammirazione che vi abbia fatto tremare il cuore?
A me  è capitato poche settimane fa, ed è stato bellissimo.
Voglio perciò ringraziare il bravissimo fumettista Alessandro Baggi, un amico conosciuto sul Social Network e da domani, un amico che potrò finalmente abbracciare di persona.
Incollo qui questo stupendo estratto, affinché io possa un giorno rileggere le sue parole.
Buona Lettura!
leti baggi
IL 3 AGOSTO LEI

Guardo e riguardo la foto: l’ha postata sul suo profilo il 3 Agosto, con noncuranza. Forse non si rendeva conto.
Lei è una forza della natura; cantante, fotografa. Ha anche pubblicato 4 romanzi; sviluppa trame complesse su argomenti di cui non so N.U.L.L.A.
(Mi intimidisce parecchio; mi atterrisce, diciamo)

E’ presente su You Tube con qualche buona esibizione canora, qualche intervista; c’è anche un video di cucina in cui prepara LA PASTA CON LE COZZE.
(L’ho visto 11 volte!)

Circa 6 mesi fa mi ha inviato una “richiesta di amicizia”; io non avrei mai osato.
Ogni tanto mi scrive per un saluto; è di carattere deciso e ha le idee chiare, credo che possa diventare anche molto aggressiva ma io non voglio assolutamente che questo accada con me; minchia, no no.

Sposata, 2 figlie; dalla sua pagina Facebook comunica una visione del mondo netta e dai forti contrasti, presente in egual misura nei bianchi e neri delle sue foto e negli stralci di romanzi autografi coi quali le correda. Non li commento mai; disquisire di letteratura con chi scrive mi imbarazza un po’. Io non ambisco a pubblicare nessun libro; mi ispirano più che altro slanci infantili, idiosincrasie e moti di stizza. Poi, ormai scriviamo tutti; cosa posso dire?
Commento talvolta le foto che posta con dei cuoricini o con sincere invocazioni tipo “OH MIO DIO DEL CIELO!”, ad esprimere una mia tensione spirituale mai sopita dal dinamismo della vita moderna.

E’ bella; spesso pubblica foto di se stessa. Quando ho visto questa l’ho salvata subito, ho anche provato ad ingrandirla un po’; l’ho anche stampata.
Non so; io non avevo mai fatto queste cose.
Facebook mi sta rendendo tutto strano.
Facebook è una tecnologia che è entrata nelle nostre vite e le nostre vite stanno entrando in Facebook, come accadde un tempo per il telefono, con la differenza che dal telefono non uscivano le foto, con la differenza che le cose che dicevo al telefono a una donna nel 1996 mica avrebbero potuto sentirle anche altri 603, minchia: io quando scrivo nei commenti sento di non avere ancora piena consapevolezza di ciò.
Io quando sotto ai post di qualcun altro vedo gente che si mandano affanculo nei commenti mi dispiace che posso vederli, preferirei non vederli però in fondo non me ne frega un cazzo; comunque clicco la funzione “Non mostrare più i post di”, per un rigore formale mio al quale mi attengo.

(Io clicco la funzione “Non mostrare più i post di” anche quando vedo scritto la parola DONZELLE, anche quando vedo scritto E’ COSA BUONA E GIUSTA; che palle, diomio!)

Lei ama il Jazz; di musica ne sa parecchio, conosce persino Kenny Rankin! Una volta abbiamo smessaggiato di quello.
Se uno mi scrive robe di musica a me sono piuttosto ferrato, posso rispondere per ore, smazzare aneddotiche infinite ed intere discografie, essere enciclopedico su James Brown, Elvis, Fred Bongusto, Neil Young, John Coltrane, la Bossa Nova, i Beatles, un casino di cose. Posso scrivere di fumetto (ma non ne ho la minima voglia), di libri letti (ma non ne ho voglia) di entomologia (ma non sono poi così scientifico) di psicologia (ma solo come ex-paziente) di arte (ma solo come artigiano) di cucina (ma solo come sbafatore).
Quando posto mi sento abbastanza tranquillo; non parlo di cose che non conosco, è contrario al mio setting.

Però lei.
Anche se non la conosco granché; minchia.
Guardo e riguardo la foto; l’ha postata sul suo profilo il 3 Agosto, con noncuranza. Forse non si rendeva conto.

La foto è recente; lei ha 35 anni e per un qualche motivo sembra averli sempre avuti.
Lo scatto non ha particolari connotazioni temporali, la finestra sullo sfondo e la sgranatura dell’immagine potrebbero far pensare anche ad una foto di 42 anni fa, di 7 anni prima che lei nascesse; potrebbero far pensare che la donna nella foto fosse così anche nel 1975, soprattutto per via della piega che forse casualmente hanno preso i suoi capelli in quel momento che nella foto ora rimane fissato per sempre, io nel 1975 avevo 9 anni, io per un qualche motivo forse li ho ancora.

La foto si chiude su qualcosa che per me è molto complicato e inaccessibile; sono certo che lei non l’ha fatto apposta, l’ha postata sul suo profilo il 3 Agosto con noncuranza. Forse non si rendeva conto.

Lei guarda dalla foto con un occhio appena più aperto dell’altro.
Con un sorrisetto pieno e consapevole che attraversa decenni di fotografie simili e respinge selve di parole lei si AFFACCIA, letteralmente, su un immaginario ormai strutturato come una fortezza, e non lo teme; spinge il suo sguardo dentro a tantissime dinamiche complesse che io ora sento pulsare anche per strada e nelle automobili, che vanno di condominio in condominio, risuonano nei citofoni, salgono e scendono negli ascensori ogni giorno.
A testa alta il suo viso fronteggia forze antiche che premono nelle case degli italiani; in tante cucine, in tanti soggiorni, anche.
Lei con questa foto proietta attraverso i nostri computer qualcosa di impavido e soave che credevo perduto, qualcosa che non vedo spesso in nessuna immagine neanche di modelle, neanche di attrici; non escludo che si possa riprodurre a comando, ma.
Lei è presente nello scatto in modo spontaneo e intenzionale al contempo; sorride come se si fosse appena svegliata, come se sapesse già tutto e non le importasse di ogni cazzata che stai per dire, come se irradiasse un’energia morbida che forse sta tra l’espressione e la faccia che la produce e di questo io la ringrazio. Davvero.

Il vestito rosso è un iper-segno, però nella foto occupa poco spazio; la retorica di cui è carico non riesce ad invaderla, quella nota squillante rimane depotenziata dal braccio che vi si sovrappone e assoggettata al nero dei capelli che invece è compatto come un segno grafico.
Il nero dei capelli è quello che fa andare questa immagine avanti e indietro nel tempo; mi ricorda i capelli delle mamme dei miei compagni delle elementari, mi ricorda le pettinature di certe signore belle del 1975 che camminavano e poi si sedevano e poi distendevano le gambe e poi non so.

(Riposini pomeridiani e la televisione che andava; lei era in cucina e preparava una merenda con pane olio e sale, mia mamma le aveva chiesto se poteva lasciarmi in casa sua un paio d’ore e lei aveva detto “Ma certo, signora… Sta qua con mia figlia, non si preoccupi; gli faccio fare i compiti a tutti e 2” ma io poi i compiti non li avevo fatti e sua figlia si, ogni tanto uscivo sul balconcino e guardavo giù, le macchine passavano al sole su Via Asiago, andavano piuttosto piano, io la sentivo trafficare in cucina, non mi andava di far merenda con pane olio e sale ma non sapevo come dirglielo, intanto pensavo “Madò, che BELLA la mamma della Sabrina!”. Quella famiglia lì avevano il 45 giri di C. Baglioni “Passerotto non andare via”, anche quello di L. Bertè “Sei bellissima”, a un certo punto lei ha detto “Tua madre sarà qui a momenti… Non mangi la merenda?”, a un certo punto lei ha detto “Bambini, io tra un po’ devo andare dal parrucchiere” e io ho pensato “NO! STAI CON ME!”; intanto mia mamma citofonava)

Guardo e riguardo la foto; l’ha postata sul suo profilo il 3 Agosto con noncuranza. Forse non si rendeva conto.

Ci sono dentro i fantasmi delle odalische e qualcosa delle donne polinesiane di Gaguin, e anche i fumetti di Jacula e certi panini col miele Ambrosoli che lei neanche si immagina, panini molto semplici e nuvole bianche in fuga sui cortili di Milano, balaustre sbiancate dal sole e gerani appena piantati nei vasi; c’è qualcosa che ho già visto da qualche parte intorno alle 14.30 di un pomeriggio d’estate lontanissimo, qualcosa che attraversava i muri degli appartamenti, che scorreva sotto le tapparelle abbassate e batteva sui davanzalini di marmo delle finestre, qualcosa di intangibile che poi andava a finire nello specchio in ingresso, nello specchio in camera da letto e rimaneva senza nome e in qualunque modo tu cerchi di chiamarlo non va bene, le parole cadono per terra e si spaccano come ovetti di gesso ma in questa foto io credo che quella cosa ancora c’è, io vedo che è lì e di questo io la ringrazio. Davvero.

Ringrazio lei, che l’ha postata sul suo profilo il 3 Agosto, con noncuranza.

Alessandro Baggi