Lo avevo scritto sul bordo del muro, vicino alla porta.
Mi mangio le unghie nell’attesa di capire quale sarà la prossima mossa del cuore.
Tremo mentre compongo le dieci cifre.
Sto per mettere giù, ma poi sento di nuovo quelle note risuonare; sono quelle della sua voce che mi è sempre apparsa come uno xilofono leggero.
“Sono io” dico piano.
Resta in silenzio, sa che “io” posso essere solo io.
Rivedo l’ultimo nostro bacio, i morsi sulle spalle, i capelli miei stretti nelle sue mani, il suo calore immerso nel mio.
“Perché mi hai chiamato?”
“Non lo so – pronuncio asciugandomi il naso – forse perché mi mancavi. Forse volevo dirti che ti auguro di trovare qualcuno come te, che ti ami e sia capace di donarti l’amore che meriti.”
Di nuovo un disarmante silenzio torna a impossessarsi del nostro tempo.
“Grazie, sono proprio le parole che avevo bisogno di sentire in questo periodo.”
“È la mia condanna lo sai, donare agli altri ciò di cui io stessa ho estremo bisogno.”
“Chiamerai ancora?”
“Non lo so. Forse quando avrò qualcos’altro da dirti.”
“Forse mai.”
Punzecchio le labbra con l’angolo dell’anulare.
“Già, forse mai.”
Chiudo la cornetta, prendo la matita, cancello quel numero.
Da certe cose non se ne esce, e i sentimenti sono una fra queste.
Cavolo…. Proprio così è… 😘
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Un po’ dolorosa…ma reale. Ti abbraccio
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