SONG: https:// http://www.youtube.com/watch?v=vRa6Ta2tw_M&list=RDvRa6Ta2tw_M#t=9
Il mattino seguente si alzò con la seria intenzione di sbrigare le faccende domestiche.
Il monolocale dove viveva aveva ormai assunto l’aspetto di un letamaio.
Tutti i vestiti, che non lavava da settimane, erano ammucchiati sulla sedia, come sculture di stoffa.
Giacche, pantaloni, scarpe, cappelli, borse sormontati gli uni, dalla presenza degli altri.
Le donne normali forse avrebbero desiderato una cabina armadio, un lavoro sicuro e due ore tutte per loro per truccarsi; probabilmente sarebbero arrivate a lottare ardentemente, pur di possedere quelle cose.
Non lei, lei non se ne curava.
Le sarebbe bastato un amore, uno semplice fatto di parole semplici, invece aveva solo imparato che l’amore ha dentro qualcosa di velenoso… siamo fatti di carne, sangue e scartoffie.
Dicono che da qualche parte esista un pezzo del nostro puzzle, la metà della mela che combacia con la nostra, in tutto e per tutto.
E certi pezzi quando arrivano te ne accorgi subito che servono a completarti, e lo stesso li lasci andare, per una ragione o per l’altra, perchè sai che è giusto così, perché fa meno male forse abbandonarli, che farli restare nella tua vita.
Il cuore è un muscolo e come tale può essere educato ad amare. Allo stesso tempo lo si può educare anche a non “sentire”, a non pretendere e a dimenticare, se necessario, il male percepito.
Così gli abiti divennero per Patricia la mera copertura del suo animo ferito, celato dietro alle parolacce, alle urla, al sesso occasionale.
Come aveva letto nel libro di Madame Bovary quando aveva dieci anni, gli abiti non sono che il tentativo di affermare la nostra avidità nel piacere agli altri oltre che a se stessi, in un gioco puramente egoico, quando ancora non abbiamo raggiunto la vera consapevolezza dell’IO, e ci preoccupiamo troppo dell’aspetto, in assenza di una forte individualità.
Lei invece era il suo passato, e proprio grazie ad esso aveva edificato la propria personalità, senza mai riuscire a gettarsi alle spalle quanto era accaduto, come niente fosse.
Guardò la montagna di vestiti accumulati pensando che sarebbe stato difficile trovare qualcosa da mettersi.
Si rivolse all’unico amico gay in grado di mantenere un segreto nonché suo collaboratore più stretto: Robert.
E, cosa non meno importante, l’unico che lei conoscesse a possedere un atelier di vestiti usati.
<<Devi aiutarmi, sono in una situazione di emergenza. Devo mettere qualcosa di carino per un appuntamento. Qualcosa che mi faccia apparire sexy ma non osè.>>
<<Da quanto tempo non sentivo più quella parola provenire dalla tua bocca, A-P-P-U-N-T-A-M-E-N-T-O. Non mi sembra vero.>> disse con tono tipicamente sarcastico e femminino.
<<Vuoi aiutarmi o no scemo? Non voglio che anche tu rida di me, sono già abbastanza in crisi!>>
<<Arrivo.>> chiuse scocciato la cornetta.
Rob giunse quindici minuti dopo portando con sé dieci diversi tipi di pantaloni, un abitino corto e due medio lunghi, tre magliette, due parrucche.
<<Quale tra questi outfit è di tuo gradimento?>>
<<Hai portato anche due parrucche? Guarda che mica vado a battere! Passa qua, dammi qualunque cosa sia in grado di vestirmi, Robert!>>
<<Ho capito, ho capito. E pensare che una volta quelle parrucche le usavi durante le serate! Comunque lascia fare a me. Solo sai che sono curiosa, dovrai dirmi con chi esci.>>
<<Non ci crederesti mai, è un maniaco con l’impermeabile e un cappello da vecchio notaio ricco, ha pure le scarpe da avvocato. E’ un tipo di cui conosco solo il nome, ma non il volto.>>
<<Non essere ridicola, so che non usciresti mai con uno così.>>
<<Hai visto? Te l’avevo detto che non mi avresti creduta.>>
ESTRATTO DALL’ULTIMO ROMANZO DELL’AUTRICE LETIZIA TURRA’, VIETATA LA RIPRODUZIONE
Canzone: Joni Mitchell, The circle Game
Image credits: ksenija Spanec
Thanks to Fabio Oriani for some words and for the real friendship