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Patricia crebbe insieme ai suoi ricordi, allontanandosi da Mr. Pitor, il suo unico vero amico.
Il vecchio libraio aveva manifestato più volte il desiderio di vederla, ma essendo lontana dal centro della città ed ormai immersa nei preparativi per la nuova convivenza con John, le occasioni per incontrarsi si diradarono a poco a poco.
Era stato semplice arredare il loro nuovo appartamento, meno semplice forse sarebbe stato arredare il loro rapporto, giovane e ricco di contrasti per via di due caratteri tanto diversi e complessi.
<<Devo dire che non mi dispiaceva quella carta da parati.>> esordì lei quasi con nostalgia, fissando la parete rosso sangue che lui aveva voluto nel suo angolo studio.
<<Una carta da parati a fiori, ingiallita sui bordi, piena di insetti e che mascherava i muri originali…che schifo! Sono felice invece di averla cambiata.>> ammise serio John.
<<Non capisco il motivo di questa tendenza di dover coprire il bello delle cose antiche. Queste case hanno tutte lo stile vittoriano che di per sè è già molto affascinante. Perchè coprire il soffitto carico di affreschi originali con dei cassettoni in polistirolo o le scale di legno, con una ringhiera in ferro battuto?>>
<<Lo hai detto tu. Solo per il gusto di nascondere quello che dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti. Non vedo l’ora di poter portare qui il mio tavolo ottocentesco, appena ne avrò ultimato il restauro, finalmente questa stanza prenderà vita.>>
<<John, per favore…>>
<<Che c’è, cosa ho detto di male?>> portò le braccia al cielo.
<<Quel tavolo è mastodontico. Non ne posso più di te che porti a casa ogni genere di rottame, con la speranza di recuperare un oggetto che ormai non vuole più nessuno. Come quella tremenda lampada che da settimane sosta sulla tua scrivania, in attesa del tuo intervento che molto probabilmente non arriverà mai!>>
<<Vuol dire che io riesco a intravederci qualcosa, laddove nessuno riesce a vedere un bel niente. Non è per questo che mi ami? Oggi pomeriggio dovrei incontrare un editore della Shoulder Books. Trattano il genere horror, e mi hanno chiesto se avrei piacere che esaminassero il mio nuovo romanzo.>>
<<Vuoi che ti accompagni?>>
<<Tranquilla, sono sicuro che non mi sentirò solo. Nel frattempo potresti dedicarti a fare qualcosa che non fai da tempo.>>
<<Certo, senza dubbio escogiterò un modo per tenermi impegnata mentre tu sei via. Vai pure.>>
Sorrise non potendo ammettere, neppure a se stessa, di sentire un senso di vuoto forte ogni volta che si distaccava da lui.
Rimasta sola, decise che avrebbe fatto ciò che John le aveva consigliato; non ci pensò troppo, prese la macchina e raggiunse la libreria di Mr. Pitor.
Fu come ricevere un colpo in pieno petto, quando vide il cartello di legno che sulla porta sbarrata riportava la scritta: “Closed”.
Con la mano fece un cerchio su una delle finestre, per spiare all’interno.
Gli scaffali erano ancora lì, ma vuoti; sulla destra c’era ancora la cassa e il vecchio bancone che Pitor aveva fatto riverniciare con un verde salvia, ritenendo fosse un colore antico, ma elegante.
Sapeva come raggiungere il vecchio saggio, perciò montò in macchina diretta verso la sua casa, augurandosi, una volta giunta da lui, di non ricevere notizie drammatiche.
La accolse Miss Hathaway, una signora sulla quarantina che ormai da tempo, cioè dal momento in cui il vecchio aveva deciso di vendere la libreria, si occupava di lui.
La fece entrare rendendola cosciente del fatto che non lo avrebbe trovato così lucido, al punto da riconoscerla e ricordarsi di lei.
Sarebbe stata un’enorme delusione se così fosse stato, avrebbe significato che era arrivata troppo tardi.
A 90 anni il corpo dell’uomo lasciava intravedere tutte le debolezze, quelle che mostriamo agli altri e quelle che invece riserviamo a noi stessi, e che lei non potè fare a meno di percepire.
<<Ehi vecchio amico, te ne vai proprio ora che cominciavi a diventare interessante…>> disse sfiorandogli la fronte.
Mr. Pitor la guardò appena, allungò la mano verso la finestra e sorrise, senza denti. Un sorriso sereno, pacato, consapevole. Cosciente che le cose si fossero ormai modificate al punto da doverle accettare, in un modo o nell’altro, esattamente come lui le aveva sempre insegnato a fare fin da bambina.
Per sua natura, l’uomo non potrà mai ammettere che le cose mutino senza il suo consenso, ecco perchè non tutti sono disposti a concedere una modifica agli eventi che si susseguono. Ci si sente padroni di un tempo e di una vita, di cui non si è i possessori; ed ecco che quando lo si comprende e si raggiunge una certa saggezza, il nostro fiore è pronto a rinsecchire, perdendo i suoi petali.
Fu così che vide sfiorire il suo più caro amico.
<<Sta così da almeno nove mesi, ma non vuole ancora andarsene. La sua mente rimane ancorata a questa casa e ai suoi ricordi, e il corpo rifiuta di abbandonarlo.>>
<<Ha sempre avuto una grande forza di volontà. Difendeva chiunque egli ritenesse speciale, per un motivo o per l’altro. Non incontrerò mai più persone come lui, questo è sicuro.>>
<<Poco prima di vendere la libreria mi parlò di lei, Patricia. Mi disse che l’aveva aspettata e che per molto tempo, quando la porta della libreria si apriva, aveva un sussulto per la speranza che si trattasse di lei. Rimase deluso per il fatto che non fosse più tornata a trovarlo.>>
Prese le mani di Mr. Pitor, rammaricata per quanto aveva udito.
<<E così vecchio mio, alla fine ho deluso anche te. Non sono riuscita a salvarti nè ad arrivare in tempo da te, e ancora non riesco, a non essere severa con me stessa.>> cominciò a piangere.
Mr. Pitor girò lentamente gli occhi e fece una smorfia.
Asciugò le lacrime, ormai certa che non l’avesse riconosciuta.
<<Si è fatto tardi, sarà meglio che vada. Scusi tanto Miss Hathaway se l’ho disturbata. Avrei voluto avvertire, ma ho preferito seguire l’istinto e venire qui direttamente.>>
<<Non deve scusarsi, lei è forse una delle poche persone che egli avrebbe voluto al suo capezzale. Sono certa che ora sarà più felice e che riterrà finalmente esaudito il suo ultimo desiderio. Prima che vada via, però, c’è una cosa che devo darle.>>
Miss Hathaway aprì il baule che si trovava accanto al camino ed estrasse un oggetto piuttosto grande, impacchettato con fogli di carta riciclata, legato all’estremità da un nastro rosso.
<<Mi ha detto di darglielo semmai fosse tornata qui. Voleva che fosse felice, solo questo.>>
Aprì il pacchetto e gli occhi le si illuminarono.
<<Una palla di vetro! C’è raffigurata la Tour Eiffel…che pensiero gentile.>>
<<Non è una palla di vetro qualunque Patricia. C’è una piccola combinazione che scatta dopo determinati giri di carica del carion e che contiene un messaggio, ma non ha mai voluto dirmi quanti sono. Quindi dovrà scoprirlo da sola.>>
<<Mr. Pitor era magico. Non mi sorprende affatto questa cosa. Le lascio il mio recapito, così potrà farmi sapere come prosegue.>>
<<Abbia cura di lei mia cara.>>
Lasciata quella casa, si recò al Kensal Green, sulla tomba di Amy. Poche volte era tornata lì senza che vi fosse anche John, quindi rimase lì a lungo a dialogare con lei, sapendo che poteva ascoltarla, e poi tornò a casa.
<<Ciao, dove sei stata?>> le chiese John.
<<Sono stata a trovare Mr. Pitor. Era da tempo che desideravo farlo, ma non l’ho trovato molto in forma, anzi direi quasi che sta morendo. Sono arrivata troppo tardi. Non mi ero mai sentita tanto impotente.>>
<<Sono cose che succedono, non puoi fartene una colpa, quanti anni avrà, quasi cento no?>>
<<Uhm..no, almeno dieci di meno. Il tuo incontro invece come è andato?>>
<<Bene, gli ho lasciato la prima bozza del manoscritto. La leggeranno e mi faranno sapere. Credo di avere buone possibilità di riuscire a farmi pubblicare entro la fine dell’anno.>>
<<Che fai ora, ti rimetti a scrivere?>> disse imbronciata.
<<Lo sai che non posso permettere al mio estro di fermarsi neppure per un secondo. Quindi sì, devo e devo e devo ancora scrivere.>>
Salì al piano di sopra in camera da letto, estrasse fuori dalla borsa il regalo di Mr. Pitor, e lo inserì all’interno di una scatola di legno, contenente i suoi ricordi più cari.
Lo pose proprio accanto al “Piccolo Principe” e sorrise, commuovendosi.
Due giorni dopo la telefonata di Miss Hathaway le diede la notizia che già aspettava: il caro vecchio amico di sempre, Mr. Pitor, si era spento felicemente alle 11.16 di quel mattino.
Scese al piano di sotto, dove trovò John che tentava di mettere a posto la piccola lampada rotta della sua scrivania.
<<Che ti succede?>> disse vedendola in lacrime.
<<Se n’è andato. Lui…è volato via.>>
<<Vieni qui, lasciati stringere, ti amo piccola mia.>>
<<Ti amo anch’io.>> rispose dopo una breve pausa.
DAL NUOVO LIBRO DI LETIZIA TURRA’, 2016- TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI, VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DELL’OPERA IVI SCRITTA.
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Song credits: Norah Jones – “Don’t Know why”