Amy Winehouse- Quando l’amore può fare male…

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“Tutto mi dà ispirazione… Tutto ciò che accade nella vita…”

Risuonano come tamburi queste parole pronunciate da un corpo esile, carico di emozioni e note, che sembrano voler straripare da ogni dove.

Sono quelle di una fanciulla dai capelli alti che assomigliano a nidi d’ape, scuri e grossi come le radici di un albero.

Sarà proiettato per tre giorni al cinema, dal 15 al 17 settembre, il documentario “Amy”, che racchiude gli inizi della bellissima e talentuosa cantante.

Si parla di Amy Jade, più nota come Amy Winehouse, che con il suo esordio a soli 20 anni dimostra di avere una grinta e una capacità vocale al di sopra della media, diventando la cantante Soul più apprezzata degli ultimi 10 anni.

Dovevano capirlo mamma e papà che quello scricciolo di appena 10 anni quando fonda il suo primo gruppo Rap, di strada ne avrebbe fatta tanta.

A tredici anni riceve in regalo la sua prima chitarra, e a 16 entra nella National Youth Jazz Orchestra, con la quale ha la possibilità di far vedere le sue doti canore.

Comincia a scrivere le sue canzoni, e nel 2003 pubblica “Frank”, il suo primo album, che però non le riconosce il successo che merita.

Qualche tempo dopo racconterà in un’intervista che il suo amore per la musica è nato dai dischi che origliava dalla stanza del fratello, appassionato delle grandi cantanti Soul e Jazz degli anni 30/40.

È con “Back to Black”, contenente molti brani di ispirazione personale dovuta alle sue travagliate vicende amorose, che Amy entrerà di diritto nell’Olimpo delle cantanti Soul, arrivando a vincere tre dei quattro premi attribuiti in una sola serata per Back to Black nella categoria “Migliore canzone”, cinque grammy nelle categorie “Record of the Year”, “Song of the Year” e “Best Female Pop Vocal Performance” e uno nella categoria “Miglior artista emergente”.

Piovono successo e denaro su di lei, ma ciò di cui Amy ha bisogno, che tiene nascosto sotto quella coltre di capelli e eye-Liner in realtà, è amore.

Sembra quasi volere affogare questo bisogno nell’alcol, l’unico amico che non le chiede nulla in cambio, le riempie le serate e la aiuta a dimenticare per quale motivo lei senta tanto forte quel vuoto.

Era partita come una stella destinata a non spegnersi; poi, improvvisamente il suo volto emaciato raccontava di una Amy scontrosa, irascibile, sempre in lotta con gli uomini con cui allacciava relazioni che poi finivano sbattute in prima pagina su Tabloid di poca rilevanza, che servivano più a uccidere la star che a darle risalto.

Si presenta ai concerti senza voce, si giustifica dicendo che ha avuto un enfisema polmonare, alcuni problemi respiratori e per questo passa qualche tempo in clinica.

Ormai in molti dei suoi concerti è totalmente ubriaca, vomita in un angolo, appare sempre più magra e triste, perdendo quattro taglie tra il secondo e l’ultimo album.

In fondo chi non vorrebbe una vita come quella di Amy? È famosa, ricca, amata e bella, eppure qualcosa che le manca c’è, più forte dell’alcol, più forte delle lacrime, più solido dell’amore dal quale sembra volersi districare.

Divorzia da suo marito e ricorre alla mastectomia per aumentare il seno. Cambia continuamente e stravolge il suo corpo, sul quale infierisce in tutti i modi.

Chiede l’affidamento di una bambina caraibica, che potrebbe significare la svolta per Amy, un figlio che la aiuterebbe a comprendere quale sia la motivazione che spinge avanti ogni madre: l’amore per un figlio.

Purtroppo non arriverà mai il momento in cui le due anime si incontreranno, Amy Winehouse e il suo corpo straziato dall’alcol saranno rinvenuti privi di vita nella casa della star, al numero 30 di Camden Square, un elegante quartiere di Londra, il 23 luglio del 2011, intorno alle 15 del pomeriggio.

Ricordo ancora che con sgomento appresi la notizia, fino a poco tempo prima Amy era viva, in un modo o nell’altro, e di improvviso non c’era più.

Morire a 27 anni così, sola. Chi lo avrebbe mai detto…Proprio quando trovi un equilibrio, la vita è lì pronta per colpire, a volte riprendi la rotta ritornando sul binario, altre volte le troppe scelte sbagliate concatenate tra loro ti fanno deragliare, e uscire dal binario.

Come nel caso di Amy, il treno della vita l’avrebbe portata lontano forse, e invece ha avuto uno “Stop and go”, è così che hanno definito i medici legali al termine dell’autopsia, la causa che avrebbe portato la Winehouse alla morte. Era pulita quando, non si sa per quale reale motivo, ha ripreso a bere un grosso quantitativo di alcol che il corpo non è stato in grado di sostenere soprattutto per via della sua magrezza.

È volata via quel piccolo fiore delicato con la voce nera, una voce che richiama l’anima, così come il buon Soul impone a chi lo celebra.

Le sue ceneri e quelle della nonna Cynthia, alla quale la cantante era devotamente legata, saranno unite dopo la sua morte, come Amy avrebbe voluto.

Deve essere stato anche a causa di quella perdita che Amy si è sentita destabilizzata e ha trovato nell’uso massiccio di droghe e alcol la sua consolazione.

Dei suoi genitori dirà: “Quando mio padre ha lasciato mia mamma lei ne rimase sconvolta, ogni notte piangeva, cadeva a pezzi e ho pensato che era una donna debole fino a quando ho capito che era mio padre, il debole. Non è stato capace di far funzionare le cose. Mia madre fu quella forte alla fine.”

Amy al contrario non ce la fece a sostenere tutto quel bisogno, né ad essere forte come doveva, e non ce l’ha fatta a reggere gli abbandoni.

Mi piace ricordarla con la sua spontaneità quando in tempi migliori diceva in “Do you still love me Tomorrow?”:

Questo è un tesoro che durerà? 
o è solo un momento di piacere?
posso credere alla magia dei tuoi sospiri?
continuerai ad amarmi domani?

stanotte, con parole non dette
dici che sono l’unica per te
l’unica, si
ma il mio cuore si spezzerà quando
la notte incontrerà la stella del mattino?

vorrei sapere che il tuo amore
è un amore di cui posso essere sicura
quindi dimmelo adesso,
perché non te lo chiederò di nuovo:
continuerai ad amarmi domani?”

Ecco cosa voleva Amy: Amore, niente altro. Solo amore.

E chi l’ha amata quando era in vita non potrà che amarla ancora oggi.

Riposa in pace Amy, sei salita solo un po’ più in fretta di tutti noi lassù, ma ci rivedremo per una Jam Session, prima o poi.

A presto,

Letizia T.

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