Andai in bagno e guardai la mia figura, esile, ero all’inizio dell’adolescenza, non conoscevo nulla sul mio corpo o sulla mia sessualità, avevo solo avvertito un piccolo pizzicorìo lì sotto nel giorno in cui Cesare mi aveva baciata, una scossa forte, un impulso irrefrenabile che non riuscii a definire con chiarezza.
Tutto in me era in formazione, il mio seno era appena accennato, i miei fianchi poco rotondi, le mie braccia sottili e magrissime, le mie labbra piccole anche se ben delineate.
Ed ora anche i miei sentimenti interiori si trasformavano, passavo le mie dita tra i capelli lunghi e castani, e il ricordo delle orchidee era sempre vivo, lì dentro l’iride del mio occhio scuro e solitario.
Papà mi aspettava sul pontile, aveva le braccia poggiate sul davanzale e aveva di fronte il mare, immenso e sconfinato al calare del tramonto.
Le luci erano una cosa spettacolare e mi accorsi che “Constitution” era una nave molto più imponente di quelle viste prima di allora, solo che il suo color petrolio non ne lasciava intravedere le potenzialità. Come molte cose quando sono nascoste e non siamo in grado di percepirle.
Così la nave rappresentava il mistero, l’ignoto, lo sconosciuto che mi conduceva verso un mondo sconosciuto e il mare era il percorso che mi avrebbe condotto fino a lì.
Tra le mani avevo una piccola bambola realizzata con pezzi di lattine del cibo che di nascosto avevamo consumato. L’aveva fatta mio fratello per me. Con i pezzi intagliati aveva ricavato gli occhi, la bocca, le braccia le gambe e per i capelli aveva usato lembi di stoffa ottenuti ritagliando la stoffa di copertura del piccolo container.
Lo trovai un pensiero molto dolce.
<<Grazie! Ma perché fai tutto questo per me?>>
<<Perché sei mia sorella e un fratello è questo che dovrebbe fare con una sorella, sappi che su di me potrai sempre contare.>>
Stringendo la mia bambola di latta il mio sguardo si perse nel panorama e quell’attimo mi sembrò fosse eterno, cristallizzato, in una immagine quasi nebulosa.
Era surreale. Assolutamente surreale.
Come surreale fu pensare che a parte il personale di bordo composto da sei persone, quella nave non trasportava nessun altro passeggero… all’infuori di noi.
Letizia T.
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Photo: Repertorio personale – Mombello, 2014