Durante un’esistenza fatta soprattutto di riflessioni, ho avuto modo di conoscere persone eccezionali, dotate di un carattere e di un’umanità eccellenti.
Persone di una cultura e di uno spessore emotivo aldilà di ogni immaginazione.
Ho riscontrato anche la crudeltà umana constatando come l’uomo possa arrivare a toccare il fondo facendo del male ad altri pur di condiscendere alla propria insoddisfazione.
Ed ora ero nella fase di valutazione, quella in cui si tirano le somme.
Sono cresciuta in un contesto austero, con una madre borghese, dannatamente ancorata al suo ricco passato, che ho visto autodistruggersi persa nella chirurgia plastica e nell’alcool. Non sapevo mai quando era il giorno in cui stavo comunicando con mia madre e quando con la signora del rhum.
Mio padre era greco. Sebbene un uomo di cultura e uno scrittore affermato, non aveva mai avuto la cosiddetta vena di padre, trascorreva molto tempo a scrivere.
Esprimeva concetti buttati dapprima su un foglio, poi lo appallottolava e imprecava contro il cestino della carta dove era diretta la pallina di idee.
In cerca di ulteriore ispirazione, guardava fuori dalla finestra il nostro labirinto…
“Il labirinto di orchidee” di Letizia T.