Tratto dal mio terzo libro: “Il labirinto di orchidee”
“Non ero mai stata nelle braccia di mio padre per più di trenta secondi quando ero una bambina ed ora mi abbracciava stretta per infiniti secondi, forse minuti.
-“Io sto bene, ma sono più interessata a capire come state voi. Intendo realmente. Cosa ti è successo con tutto quel che riguardava il nonno? Perché hai deciso di lasciare tutto sotto la polvere? Come potrai goderne se cerchi di sotterrare la parte migliore della nostra famiglia? Noi siamo filosofi, gente di cultura, amiamo ciò che facciamo, siamo nati per questo. Non posso credere che ti serva riempire di carta la tua scrivania per poi lasciarla lì, a impolverare.”
-“Laura ci sono cose che col tempo, invecchiando, comprenderai. Cambierà la tua visione di tutte le cose nella loro interezza. Aumenta il nostro bisogno di sentirci protetti man mano che il tempo trascorre. Ti ricordi di quanto diceva il nonno? ‘Il tempo è tiranno con chi non sa accettare il suo trascorrere’… e aveva ragione. Solo ora molte delle sue parole le comprendo davvero. Il tempo non è stato solo tiranno con me, peggio, è come se si fosse fermato al giorno della sua morte.”
-“Ma hai ancora la mamma al tuo fianco. Non siete felici insieme?”
-“Felici? E’ da un pezzo che ho dimenticato il senso di quella parola. Noi non siamo felici, noi siamo abituati, abituati a stare insieme, comunque. Pensavo esistesse un destino che lega una persona ad un’altra, ora comincio a pensare che il destino siamo noi a farlo. Se quel giorno anziché invitarla a mangiare il gelato fossi andato al convegno di mio padre come avrei dovuto fare, sarebbe stato tutto diverso. Una volta qualcuno disse: ‘Le famiglie felici sono tutte uguali, quelle infelici, sono infelici a modo loro’. Nella nostra infelicità noi ormai ci sguazziamo, ci ammorbiamo desiderandola ardentemente. Probabilmente ne sentiremmo anche la mancanza se non ci fosse, perché è su quello che la nostra forza si è consolidata. Credo che si arrivi a un certo punto in cui ciò che ti ha unito ad una determinata persona, in futuro diventi ciò che poi te la fa odiare.”
Rivedere i miei genitori, ripensare al loro rapporto mentre tornavo a casa in macchina, mi turbò molto. Riflettevo sulla loro consenziente infelicità, quasi come se l’avessero programmata in passato, messa in cantiere per il futuro perché un giorno, non si sa mai, poteva servire per poi tirarla fuori al momento opportuno, come un oggetto che si tira fuori quando occorre.”
Ed ora mi pongo una domanda: Si può restare ancorati ai ricordi passati al punto da perdere di vista ciò che è più importante per noi?
Fino a che punto dovremmo permettere ai ricordi di logorarci?
Qual è il prezzo della felicità e soprattutto si può accettare di vivere infelicemente la propria esistenza unicamente perchè “abituati” da sempre a sentirsi così?
A presto,
Letizia T.
Doc. protetto da copyright – attribuzione non commerciale- Non opere derivate 3.0 Italia CC BY -NC-ND 3.0 IT
photo By Eugenio Photography (facebook)