La recensione del mese “Atti osceni in luogo privato” – Perchè dovreste leggerlo???

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Se è vero, secondo quanto sostengono i veterani, che la letteratura italiana è morta dopo Calvino, allora vale la pena di richiamare l’attenzione su qualcosa di fresco e attuale, per comprendere che forse non è proprio così.

Mi viene suggerito da un attento lettore il nome di Marco Missiroli.

L’autore è giovane, un mio coetaneo, ma ha già riscosso notevoli successi, sin dalle prime pubblicazioni dei suoi scritti risalenti al 2005.

Del suo libro se ne parla da tutta l’estate ormai, seppure la pubblicazione risalga al mese di marzo, con pareri quasi unanimi circa la bellezza e la semplicità, lasciando nel lettore una sorta di stupore privo di imbarazzo, nonostante i contenuti pieni, e il modo di esprimersi dell’autore che non si risparmia sui dettagli.

La copertina è piuttosto eloquente.

Il lettore che per puro caso vi si imbatterà entrando in una libreria, non potrà fare a meno di notare che, man mano che si avvicina, quel buco nero in lontananza che sembra quasi raffigurare arte contemporanea, altro non sono che un paio di natiche, tenute strette dal soggetto fotografato, in un’opera realizzata da E. Blumenfeld, esposta realmente in un museo a New York.

La scelta dell’immagine vuole apparire provocatoria, questo è chiaro, quindi decido incuriosita di aprire il libro su una pagina a caso, e nel proseguire scopro che narra le vicissitudini di un dodicenne, il cui profilo si snoda attraverso la storia dei genitori che si stanno separando, con tutte le angosce, le inquietudini e le curiosità che un adolescente possiede a quell’età.

Lo scenario si apre con una sequenza di vita quotidiana, una madre che prepara dei cappelletti discorrendo di come l’utero fosse il principio della modernità, e un padre che discute animatamente di rapporti orali arrivando a definirli: “Le meraviglie del cosmo”.

Proprio in quel frangente il ragazzo si trova a Parigi, dove si è appena trasferito con i genitori, ed inizia a sospettare che la madre possa tradire suo padre. Ogni dubbio viene dissolto quando la vedrà con i suoi stessi occhi intenta nell’atto sessuale con Emmanuel, amico di famiglia.

Sarà quella visione di sua madre e del suo amante il momento cruciale nel quale egli comprenderà di avere una propria individualità sessuale, che si sviluppa in modo contorto nel rivolgere i propri desideri verso la donna che lo ha concepito.

Una visione che avrebbe dovuto profondamente turbare quel ragazzino, ma che invece rappresenta l’inizio della scoperta della sua personalità complessa, che fino ad allora egli ritiene quasi invisibile.

L’intreccio continua a svilupparsi in Provenza, dopo la separazione dei genitori, quando Libero si innamora di Marie, la fidanzata dell’amante di sua madre, e il suo desiderio sessuale viene proiettato sulla fanciulla, rimanendo però solo un sogno irreale.

La svolta avviene quando nella sua vita entra Antoine, amico di Libero, nonché fratello di Lunette, con la quale perde la verginità e successivamente intraprende una relazione complicata e tortuosa, con lui che si rivede al suo fianco non solo come suo compagno, ma immaginandola anche con altri uomini.

I due compiranno un viaggio in America e la ragazza verrà incoraggiata da Libero ad avere rapporti sessuali con un altro uomo, mentre egli assisterà alla prestazione, al pari di un regista.

Lunette rimane sconvolta da quella circostanza, al punto che decide di separarsi da Libero.

L’uomo, ormai entrato in quella che verrà definita volutamente dall’autore “Adultità”, vivrà una crisi profonda che lo porterà a diventare amante di donne sposate, così come era stato Emmanuel per sua madre e ad avere rapporti occasionali.

Una rabbia incontenibile, implacabile, lo assale non senza un movente.

Come spesso nella vita accade, infatti, è proprio il dolore profondo, il lutto interiore a darci la forza di conoscere a fondo noi stessi, risalire e ricominciare, più forti di prima.

Ritorna a Milano e conosce Anna, che diventa la compagna ideale per lui, sessualmente appagante e amorevole, che egli ringrazia per avergli donato nuova vita, chiedendole in un settembre di diventare sua moglie.

Mentre Anna è in attesa del loro primo figlio, la madre di Libero si ammala gravemente. Viene a conoscenza del fatto che manchi ormai poco alla morte della donna più importante nella sua vita.

Per fortuna la gravidanza di Anna gli permette di contemplare una bellezza che credeva perduta, quella delle attese, fatta di emozioni legate al soffermarsi sui dettagli, come i titoli di coda di un film, che raramente si resta a guardare al termine di ogni proiezione.

Il 27 dicembre nasce Alessandro, il suo primogenito.

I giorni passano lieti assistendo alla vita del piccolo, mentre sua madre decide di togliersi la vita in una clinica di Zurigo, assistita dal personale medico, rimasto impotente di fronte alla decisione della donna di chiudere gli occhi in un modo tanto atroce.

E solo allora Libero comprende che i genitori non avevano scelto a caso il suo nome, l’intento era stato quello di lasciare che come essere umano egli si ritenesse consapevole di conquistare da sé il proprio destino, scegliendolo in totale libertà.

Capì che vi era qualcosa di nascosto, che aveva scoperto in sua madre: la dignità di scegliere.

Descrive così il momento del ritorno in aereo dal suo funerale a Milano, quando rientra in casa e si rende conto che i cappelletti che la tata aveva preparato erano quelli lasciati da sua madre:

“Li fissai, in fila come soldati, la pasta schiarita dal gelo, le teste della stessa misura, mai sbilenche, alte uguali. Passai un dito su ognuno, li sfioravo e cercavo una bruttura nel taglio, la sbavatura della sfoglia, distrazioni nell’orlo. Uno era più corpulento. Lo presi, lo appoggiai sul palmo e chiusi il pugno, adagio…”.

Il resoconto prosegue, per ben trentuno cappelletti, che rappresentano il momento del ritorno di Libero a quello che era stato anche il punto di partenza.

Perché è di questo che si tratta: ripartire da dove la nostra vita si è fermata senza chiederci neppure il consenso, in un dato momento a noi sconosciuto, ma che nel susseguirsi di un viaggio ritorna, prima o dopo, che noi lo vogliamo o no.

E se lo fa, state pur certi che la coscienza di quel che vi è accaduto sarà maggiore, e nulla sarà più uguale.

Tanta fretta di crescere genera storie, ma nel viverle ci si sente frastornati e alla continua ricerca di un equilibrio, mentre il nostro essere è in continua formazione.

Come lo stesso Calvino ammise un tempo: “Alla fine uno si sente incompleto ed è soltanto giovane.”

A presto,

Letizia Turrà

 

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