Sybil

 

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La casa di Sybil aveva pareti neutre, nettamente in contrasto con i quadri colorati e vivaci che circondavano gli interi spazi del suo piccolo appartamento.

In ogni angolo c’erano tubi di colore, pennelli, cavalletti per pittori, tele bianche, barattoli di vernice.

Notò il mio stupore.

“Ti piacciono? Sii sincero.”

“Sì, davvero molto. È la prima volta che mi trovo nel laboratorio di una pittrice, se così posso definirlo. Mi piacciono i colori che usi, sono…”

“Positivi?” mi interruppe. “È qui che creo in effetti, quindi puoi definirlo il mio laboratorio.” aggiunse.

“Sì, era proprio ciò che stavo cercando di dire. Comunicano qualcosa di bello, di intenso…profondo aggiungerei. Questo della donna alla finestra è il mio preferito, ha dei colori quasi rinascimentali.”

“Era mia madre, l’ho persa quando avevo quindici anni. Questo è l’unico quadro che la ritrae pochi giorni prima della sua morte.”

“Mi dispiace. Era malata?” la guardai intensamente negli occhi, facendo una pausa tra il dispiacere che provavo e la curiosità, dietro cui si celava il mio velo di impertinenza.

“Aveva la stessa malattia di Johnson, la sindrome di Tourette. Non è strano? Sviluppare un’ossessione per la storia e le opere di un autore, solo perché tua madre muore della stessa malattia. È incredibile dove può portarti la mancata rassegnazione.”

Mi tolse il cappotto, poi si avvicinò al mio collo.

“Cosa puoi dirmi di te, Jules? Anche tu hai perso qualcuno?”

“Credo che non si possa invecchiare senza subire neppure una perdita. Sarebbe bello se così fosse. Entrambi i miei genitori sono morti.”

Mi tolse la sciarpa con delicatezza, mentre gli occhi piroettavano al ritmo di una danza erotica.

Entrambe le mie mani avvolsero le sue spalle, e le mie labbra arrivarono al suo orecchio.

“C’è qualcosa che desideri, più di ogni altra cosa Sybil?”

“Vorrei sentirmi amata, vorrei sapere che tra poco vedrò il tuo corpo nudo, potrò morderlo, assaporarlo, e domani quando te ne sarai andato, potrò dipingerlo.”

Le sue labbra livide tremavano. Le morsi, senza esitazione.

Per terra vicino al divano c’era un feltro di protezione per pittori.

Lo aprii e la feci distendere sopra, tentando di non lasciare neppure per un secondo le sue labbra.

Mi strinse facendomi sentire il calore del suo corpo, che iniziai a spogliare lentamente.

Immaginai di essere con Angeline mentre allargavo le sue gambe, pronto ad assaporare la sua parte più intima.

Quando giunse il momento di ricambiare percepii il tormento scatenarsi all’interno del mio corpo, che rispondeva con turgore e massimo desiderio.

La penetrai avvertendo il medesimo dolore di lei, non soltanto emotivo, ma fisico.

Non riuscii a fermarmi, nonostante un secchio di vernice amaranto mi fosse caduto sulla mano.

Le morsi i capezzoli e strinsi le sue natiche che si sporcarono anch’esse di colore.

Poi arrivai ai seni e instancabile proseguii, fino ad avvertire il freddo viscido della vernice sulla nostra pelle.

Image: Egon Schiele, film

Tutti i diritti sono riservati e di esclusiva proprietà intellettuale dell’autrice. Vietata la pubblicazione, o la duplicazione, senza alcuna autorizzazione.

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