Io non sono un cursore, cazzo.

 

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“Non c’è più rispetto” – citava una famosa canzone del 1986 (e parliamo di oltre trent’anni fa).

Ci pensavo stamattina mentre in mezzo al traffico, prestavo attenzione a quanta gente maleducata incontro ogni giorno.

Chi sorpassa a destra e chi a sinistra, chi taglia la strada, chi sta al cellulare senza auricolare, chi nel bel mezzo del tragitto muove su e giù il pollice perché sta guardando la vita di altri o le proprie notifiche sui Social, ma non guarda davanti a sé.

Lo stesso vale con chi incontro di persona: le risposte sono sempre approssimative, decine di “visualizzato senza risposta”, risposte secche al telefono, ignoranza di fondo sulle cose più banali, messa in mostra delle proprie capacità spacciate sempre per geniali.

C’è una maleducazione cibernetica che si ripercuote anche nei rapporti umani, quelli vis-à-vis, fatti di persone in carne e ossa.

È sconfortante, a dir poco deludente. Mi trovo a parlare con persone che mi trattano come fossi un cursore, come se davanti avessero un monitor e non una donna vera.

Eppure io non sono un cursore, cazzo.

Io ti rispondo apertamente, io chiedo apertamente, parlo apertamente, discuto apertamente. Non mi va di trincerarmi dietro discorsi superficiali e sterili per dimostrare chissà cosa, perché ti sto davanti!

Oramai il disagio è tangibile: rispondiamo agli altri nello stesso modo impetuoso, inconsapevole, zotico con il quale scriviamo cazzate e diamo risposte spedite sui Social.

Siamo soli fondamentalmente, per il 60% della nostra giornata, in un mix di digitazioni, pressioni lavorative, lamenti di ogni genere, cibo da ingurgitare, bollette e figli da gestire.

Ma lo capite sì, che questo è un insulto alla nostra stessa intelligenza?

Lo capite che siamo ridicoli, patetici, quando trattiamo tutti come fossero oggetti solo perché in quel momento ci servono e da loro prendiamo quello che vogliamo prendere alla stregua di dannati vampiri energetici? E dopo il nostro passaggio non facciamo che lasciare solo una scia di delusione profonda in chi abbiamo incontrato?

Stiamo al contempo educando i nostri figli ad applicare lo stesso metodo col prossimo.

Non mi sorprende che vi siano uomini che ce l’hanno con le donne e donne che ce l’hanno con gli uomini… no, non mi sorprende affatto… perché trattiamo ogni cosa come fosse un bene di consumo, a partire dalla tanto osannata forma fisica perfetta, per finire alla risposta data con noncuranza, perché tanto… persa una persona ne arriverà un’altra (ci hanno convinto anche di questa stronzata, eppure certe persone che valgono dopo averle perse le rimpiangi senza sosta)!

Non mi sorprende anche sapere che alcuni esseri umani preferiscano interagire con gli animali, piuttosto che con i loro simili.

Ritorniamo al VERO, ve ne prego.

Non trattiamo le persone come muri da abbattere, ma come specchi nei quali rifletterci.

Perché qui sì, c’è parecchio da riflettere, sull’amor proprio, sulla gestione delle proprie insicurezze che tanto ci piace addossare sugli altri, sui rapporti umani con chi ci circonda, sui dialoghi che non si possono gestire on-line.

Mi torna spesso alla mente quanto sosteneva Dickens: “La comunicazione elettrica non sarà mai un sostituto del viso di qualcuno che con la propria anima incoraggia un’altra persona ad essere coraggiosa e onesta.”

Buona giornata, a voi tutti. Vostra, Letizia T.

ph: Web

4 pensieri su “Io non sono un cursore, cazzo.

  1. Ciao Letizia. Non si può che essere d’accordo con quanto esponi. Purtroppo è il divenire dei tempi moderni: andiamo sempre più di fretta, vogliamo sempre più occuparci di tante cose, preoccupati di perderne qualcuna, che alla fine non ne abbiamo vissuta davvero nessuno o poche. Questo porta certo a un comportamento superficiale nei confronti degli altri ma anche di noi stessi. Perdiamo il senso del valore, finendo per non darlo più a niente o alle cose sbagliate. Ci accorgiamo dei nostri errori quando è troppo tardi, ci rendiamo conto di aver perso persone importanti per non aver dato il giusto valore al loro esserci, a quello che potevano essere per noi e noi per loro, senza più apprezzare l’altro se non ne abbiamo un tornaconto visibile (eppure, così facendo, trascuriamo irrimediabilmente quel tornaconto invisibile che ci arricchisce e che è l’interscambio e l’accoglienza dell’altro, i rapporti umani). Tutti, me incluso, siamo caduti in questa rete. Qualcuno più accorto è riuscito a tirarsene fuori prima che fosse troppo tardi. Io, non lo so se ci sono riuscito. Credo che, alla fine, ogni tanto mi ci ritrovo, per dimenticanza o per distrazione, eppure una delle cose che amo di più è proprio il “contatto” umano.
    Salvatore.

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